EUTANASIA: DIRITTO DI MORTE O DIRITTO DI VITA?

 

 

Sempre più pressante a livello sociale e civile è la questione dell’eutanasia: perché?

Anzitutto, di cosa stiamo parlando? L’eutanasia – letteralmente “buona morte” – consiste nel procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica. In alcuni paesi tale pratica è legalizzata dalle legislazioni, cosa che invece non accade in Italia. Quali sono le argomentazioni più diffuse riguardo ogni tesi? Quali le motivazioni etiche dietro ciascuna presa di posizione?

 

Per cercare di rispondere a queste domande, il gruppo F.U.C.I. di Urbino ha tenuto un seminario il 3 Marzo 2022, presso Collegio Raffaello, invitando due illustri relatori: il prof. Paolo Benanti, docente di Bioetica, Neuroetica e Tecnoetica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, e il dott. Matteo Mainardi, membro di giunta dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatore della campagna Eutanasia Legale.

 

Diritto di vita o di morte? La prima posizione, generalmente caldeggiata dalle grandi tradizioni religiose, si fonda sul principio del rispetto della dignità del paziente, filosoficamente e teologicamente intesa come “valore intrinseco di ogni essere umano”. La vita umana è una realtà sacra: non può essere lasciata alla libera disposizione dell’uomo. I sostenitori di questa posizione sono preoccupati dalle fratture morali e sociali che scaturirebbero dall’autorizzazione dell’eutanasia, dalle conseguenze difficili da prevedere e valutare.

 

I sostenitori della seconda posizione – a favore dell’eutanasia – ritengono invece che il “morire con dignità” implichi un diritto che deve essere riconosciuto a chi ne fa richiesta o ha lasciato disposizioni in merito.

 

Sussiste poi una differenza fra eutanasia e suicidio assistito: se la prima richiede un’azione diretta di un medico, che somministra un farmaco di regola per via endovenosa, il secondo prevede che il ruolo del sanitario si limiti alla preparazione del farmaco che poi il paziente assumerà per conto proprio.

È però da sottolineare un dato molto importante.

Un problema circa la divergenza di opinioni risiede nell’ “immaginario collettivo”, ovvero nella percezione che spesso si ha della questione. Si tende ad assolutizzare l’una e l’altra posizione, colpevolizzando entrambe le parti di non comprendere l’altra: come d’altronde accade spesso nelle diatribe sociali, si tende a polarizzare il ragionamento e il dibattito per creare due fronti avversari. Invece ciò che tutti vogliono è una “dolce morte”, è garantire una dignità alla persona e alla morte. Cos’è la morte, dopotutto, se non una sorella da abbracciare?

Ecco dunque che appaiono necessari dialogo, ascolto e umile comprensione: solo mediante il dialogo potremo capirci l’un l’altro, senza faziosità o guerriglie giudicanti, ma prettamente con il desiderio di capire l’altro.

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